venerdì 30 maggio 2008

E CI RISIAMO: ALLUVIONI IN PIEMONTE! (HERE’S AGAIN THE OLD FUCKING SITUATION: PIEDMONT IS FLOODED)





Ci risiamo: dopo il novembre 1994 e l’ottobre 2000, Il Piemonte è nuovamente devastato dalla piena dei fiumi.
In effetti erano giorni che pioveva quasi ininterrottamente: maggio è stato schifoso qui da noi, il sole lo abbiamo visto pochissimi giorni. Già due giorni fa, attraversando un ponte sul Po, mi ero reso conto della portata eccezionalmente anomala del grande fiume. Poi, da ieri, tutti i comunicati stampa e i notiziari TV che certamente avrete sentito.
Ho passato la notte ad aiutare degli amici a rimuovere le preziose attrezzature da uno studio di registrazione/sala prove situata nei pressi del Po. Arrivato a casa, non ho voglia di dormire. Volevo postare un po’ di musica, ma mi sono limitato alle seguenti poche immagini in alto (sono di due giorni fa - in provincia, le cose vanno decisamente peggio), che testimoniano la gravità dei fatti. Speriamo davvero che smetta di piovere. Adesso vado a riposarmi, visto anche che le scuole oggi sono chiuse a Torino e che, quindi, i miei pargoli dormiranno fino a tardi. Ma stasera posterò qualcosa di “tosto”.

Here’s again the same old fucking situation: Piedmont is being ravaged again by flooding rivers, just like it happened in November 1994 and October 2000.
As a matter of fact, it has been raining almost non-stop for days: May has had awfully bad weather this year in Turin and Piedmont, sunny days were a rare occurrence. Two days ago I chanced to drive past a bridge upon river Po and I did realize the river’s flow was exceptionally beyond the safety limits. Then, yesterday’s press and TV news gave evidence of the critical situation in the region where I live.
Well, I have spent the night helping friends to move electronic equipment and musical instruments away from a small recording studio/rehearsal room situated next to the river Po. When I came back home about one and a half hour ago, I didn’t feel like going to sleep. I wanted to post some music but I didn’t: I have only posted a few pictures (above, dating back to two days ago, with swollen rivers flowing across Turin - things are much worse in the town's surroundings) showing the whole worrying situation concerning the river floods. I hope it would stop raining! Now I’m going to take a few hours’ rest: schools will be closed in Turin today, so my kids are going to sleep until late in the morning. However, I’ll be posting some great stuff tonight. See you then.

lunedì 26 maggio 2008

THE POWER TO BELIEVE (KING CRIMSON) - 2003


Pubblicato nel 2003, “The power to believe” è l’album dei King Crimson che rappresenta il seguito (anche dal punto di vista tematico) del mini-album “Happy with what you have to be happy with” uscito l’anno prima. Entrambi vengono dopo “The construKction of light”, disco che era stato accolto con vaste critiche ovunque; al contrario, “The power to believe” è stato accolto favorevolmente e viene considerato una sorta di “Larks’ tongues in aspic” in versione nuovo millennio, soprattutto per via delle sezioni “massicce” che presenta, le quali rasentano le sonorità tipiche dell’hard rock.
Quello che colpisce di questo album è la presenza di pezzi che ricordano incredibilmente le produzioni precedenti dei King Crimson. Ad esempio, "Level five" ricorda in qualche modo "Vrooom" e "Red"; "Dangerous curves" riporta a "Mars" e "The talking drum"; "Elektrik" emula i suoni di "Discipline" e "Frame by frame"; "Facts of life" presenta alcuni tratti in comune con "21st century schizoid man" e "The sailor’s tale".
Inoltre, l’intera struttura compositiva di “The power to believe” si richiama a forme classiche: “Bartok-metal rock” potrebbe essere un’etichetta originale (con riferimento al compositore classico ungherese Bela Bartok) per descrivere buona parte della musica di questo album, se non altro in brani quali "Level five" e "Facts of life"; tuttavia, anche "The power to believe (3)" mi fa pensare a “Musica per archi, percussioni e celesta” (celebre composizione di Bartok, utilizzata anche come colonna sonora per i momenti più angosciosi del capolavoro di Stanley Kubrick “Shining”). Il disco offre, inoltre, spunti di musica gamelan (la musica orientale, di origine indonesiana, suonata da orchestre formate in prevalenza da strumenti a percussione): le parti di chitarra di “Elektrik” e, soprattutto, una sezione di “The power to believe (2)”, imitano quelli che potrebbero benisismo essere le sonorità di una tipica orchestra gamelan.
Questo album mi ha colpito profondamente: anzi, penso di non esagerare quando affermo che “The power to believe” è, fra i lavori più recenti dei King Crimson, quello che mi ricorda maggiormente lo spirito della band ai suoi gloriosi inizi di quasi quarant’anni fa.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Ottimo.
N.B. L’album postato è in versione di file unico integrale (“unsplit”).

“The power to believe” is an album by King Crimson released in 2003, a companion to the preceding mini-album “Happy with what you have to be happy with” (2002). Although the predecessor “The construKction of light” received largely negative reviews, this album was quite well-received, and is seen by some as a new “Larks’ tongues in aspic” because of how hard the album is, even going as far to becoming heavy metal.
The Power to Believe has individual pieces that are similar enough to music from King Crimson’s past history, enough to raise strong comparisons, but unique enough to stand on their own . For example, "Level five" will raise comparisons to "Vrooom" and "Red"; "Dangerous curves" will raise comparisons to "Mars" and "The talking drum"; "Elektrik" to "Discipline" and "Frame by frame"; "Facts of life" to "21st century schizoid man" and "The sailor’s tale".
“Bartok-metal” (with reference to classical composer Bela Bartok) is perhaps a good description for a lot of music here: at least for "Level five" and "Facts of life", but even parts of "The power to believe (3)" reminds me of elements of “Music for strings, percussion and celesta” (also appearing as soundtrack in Stanley Kubrick’s thriller “Shining”). Gamelan music is perhaps the other. Electrified gamelan music appears in the guitar writing of "Elektrik", and shockingly, "Power to Believe (2)" contains a section that simulates a real gamelan orchestra.
I would say that this particular album is the one in the King Crimson canon that most reminds me in spirit of the 1969 band, album, and live group.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Very good.
N.B. The album is provided in an unsplit (full) format.

KING CRIMSON (2003):

Robert Fripp - chitarra (guitar)
Adrian Belew - chitarra, voce (guitar, vocals)
Trey Gunn - chitarre Warr (Warr guitars)
Pat Mastelotto - batteria e percussioni (drums and percussions)

TRACK LIST:

1. The power to believe (1) - A cappella (0’44”)
2. Level five (7’17”)
3. Eyes wide open (4’08”)
4. EleKtriK (7’59”)
5. Facts of life (intro) (1’38”)
6. Facts of life (5’05”)
7. The power to believe (2) (7’43”)
8. Dangerous curves (6’42”)
9. Happy with what you have to be happy with (3’17”)
10. The power to believe (3) (4’09”)
11. The power to believe (4) - Coda (2’29”)

THE POWER TO BELIEVE (KING CRIMSON) - 70,3 MB

SMANDRACCHIONA DA CALENDARIO (PIN-UP CUTIE)





Che ne dite???

How do you like her???

ODISSEA (MANGO) - 1986



Raramente ho postato album di artisti “pop” italiani, dove con il termine “pop” intendo quelli non direttamente legati al genere progressive. Ma questo “Odissea” era da una vita che volevo proporvelo.
E poi, “Odissea” non è niente male: del resto, Mango è uno dei pochi cantautori italiani che ho stimato - sottolineo “ho stimato”, perché con il passare del tempo è diventato piuttosto ripetitivo, per cui ho ascoltato i suoi dischi sempre più di rado.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Distinto.

I have seldom posted albums by Italian “pop” artists - the latter being meant as those other than the ones making progressive music. Yet, I had been willing to post Mango’s “Odissea” for a long time.
“Odissea” is a fairly good album, all things considered. Among other things, Mango is one of the few Italian songwriters I really appreciated - I said “appreciated” since his music has become quite repetitious with the passing of time, so I have listened to his records more and more seldom.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Fairly good.

TRACK LIST:

1. Odissea
2. Lei verrà
3. Mi sembra luna
4. Love is just a melody
5. Show
6. In ogni direzione che vuoi tu
7. Modern love
8. La rosa dell'inverno
9. I movimenti di un'idea
10. Lei verrà (versione strumentale)
11. Oro
12. Lungo bacio, lungo abbraccio

ODISSEA (MANGO) - 46 MB

VETRINE DI VENEZIA (SHOP WINDOWS IN VENEZIA)






Anche le vetrine dei negozi hanno un non so che di particolare a venezia.

Shop windows in Venezia - original and enchanting like everything else in this wonderful city.

IO SONO MURPLE (MURPLE) - 1974


I Murple sono uno dei numerosi gruppi di rock progressivo italiano anni Settanta che hanno un pubblicato un unico album. Se pensiamo a quell’epoca, soprattutto il periodo 1972-77, è incredibile il numero di album di qualità pubblicati dai gruppi nostrani più all’avanguardia.
“Io sono Murple” è un album concept che narra la storia di un pinguino il quale abbandona l’Antartide e va incontro all’Uomo Malvagio. Va detto che la band era in qualche modo ossessionata dai pinguini, al punto che il loro allestimento scenico dal vivo prevedeva l’impiego di alcuni pinguini gonfiabili - più o meno come avrebbero in seguito fatto i Pink Floyd, con il loro celebre maialone gonfiabile durante la tournee del 1977 di “Animals”. I dodici pezzi di cui è composto l’album sono uniti fra loro formando di fatto una suite suddiviva in due parti (lato “A” e lato “B”): si va dai tipici spunti progressive, a base di chitarre distorte, organo Hammond e basso incalzante, a brani più melodici e leggeri, ai quali si alternano abbozzi embrionali di quella che in seguito sarebbe diventata la techno-music.
I Murple annoveravano Pino Santamaria (chitarra, voce), Mario Garbarino (basso), Duilio Sorrenti (batteria) e Piercarlo Zanco (voce, organo, pianoforte, sintetizzatori). Non siamo certamente ai massimi vertici della musica progressive, tuttavia gli appassionati di tastiere nello stile di Emerson, Lake & Palmer e de Le Orme troveranno pane per i loro denti in questo album che, sebbene inferiore alle realizzazioni “epocali” di Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme, Osanna, ecc., merita comunque un attento ascolto.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Distinto/Ottimo.

Murple were another one-shot band from the Italian 1970's prog rock explosion. It is truly incredible when you think about the amount of high-quality music released in Italy between 1972-1977.
“Io sono Murple” is a concept album telling the tale of a penguin that leaves his home in Antarctica and encounters the Evil Man. In fact, the band seemed to have an unhealthy obsession about penguins and their stage set included inflatable penguins, not unlike Pink Floyd giving us inflatable pigs during the "Animals" tour in 1977. The twelve tracks of this album are interconnected to produce two side-long epics. Sections range from aggressive prog workouts consisting of heavy guitar, Hammond organ and pounding bass, to soft/melodic interludes, to early techno-sounding experiments.
The band consisted of guitarist/vocalist Pino Santamaria, bassist Mario Garbarino, drummer Duilio Sorrenti, and keyboardist/vocalist Piercarlo Zanco, who handled organ, piano and synthetizers. This might not be the most mind-blowing or original prog out there, but for those who enjoy such keyboard-driven acts as Emerson, Lake & Palmer or Le Orme would find much to enjoy here. “Io sono Murple” might not be up there with the best albums from Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme, Osanna, etc. but this is still an album worth listening.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Fairly/Very good.

MURPLE (1974):

Pino Santamaria - chitarra, voce (guitar, lead vocals)
Piercarlo Zanco - tastiere, voce ( keyboards, lead vocals)
Mario Garbarino - basso (bass)
Duilio Sorrenti - batteria e percussioni (drums and percussions)

TRACK LIST:

1. Antartide
2. Metamorfosi
3. Pathos
4. Senza un perché
5. Nessuna scelta
6. Murple rock
7. Preludio e scherzo
8. Tra i fili
9. Variazioni in 6/8
10. Fratello
11. Un mondo così
12. Antarplastic

IO SONO MURPLE (MURPLE) - 63 MB

I MIRACOLI DEL TRUCCO (MAKE-UP WORKS MIRACLES)




Lo sanno tutti, il trucco fa miracoli ...

Everybody knows, make-up works miracles ...

mercoledì 21 maggio 2008

GLI OCCHI DI UN BAMBINO (TOTO TORQUATI) - 1973


Antonio "Toto" Torquati è un ottimo tastierista italiano, cieco dalla nascita, con una prestigiosa carriera alle spalle in qualità di session-man, inizialmente in ambito jazz (ha collaborato con nomi del calibro di Bill Coleman, Billy Smith e Gato Barbieri) e, successivamente, a supporto di celebri protagonisti della canzone italiana (Claudio Baglioni, Lucio Dalla, Gianni Morandi, Mina, Gepy & Gepy).
Nel 1972 pubblicò l’album d’esordio intitolato semplicemente "Antonio Torquati": una raccolta di dieci brani strumentali a base di tastiere e sintetizzatore Moog, comprendente rifacimenti di successi degli anni Sessanta. Un secondo album - decisamente più maturo ed evoluto - seguì l’anno successivo: “Gli occhi di un bambino”, trascurato ignobilmente dalla critica (e dal pubblico) dell’epoca. Viene generalmente considerato un ottimo esempio di progressive italiano nonostante, in realtà, contenga brani i quali, seppur sapientemente orchestrati ed eseguiti, rientrano nella tradizione del pop italiano di facile ascolto, con richiami alla musica classica e alcuni elementi dall’inequivocabile sapore progressive. In ogni caso, un album di gradevole ascolto, soprattutto per la diversità dei dodici pezzi che il disco comprende.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Distinto/Ottimo.

Antonio "Toto" Torquati is an excellent keyboardist, blind from his birth, who had a very promising career as a session musician, first in the jazz circuit (he collaborated with Bill Coleman, Billy Smith and Gato Barbieri, among the others) and subsequently in the pop scene, playing with famous Italian artists such as Claudio Baglioni, Lucio Dalla, Gianni Morandi, Mina and Gepy & Gepy.
A little-known debut album appeared in 1972, simply entitled with his real name "Antonio Torquati": a ten-track instrumental record based on Moog synthetizers and keyboards and including cover versions from 1960s hits. A second, more mature work appeared in 1973: “Gli occhi di un bambino” which, unfortunately, went totally unnoticed at the time. It is generally regarded as an very good example of Italian prog rock though, as a matter of fact, is heavily orchestrated and contains typical Italian easy-listening and classical music-inspired songs embellished by prog rock elements. In any case, a pleasant album to listen to, especially for the diversity that characterizes the twelve tracks of which “Gli occhi di un bambino” consists.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Fairly/Very good.

TRACK LIST:

1. La terra che nessuno conosce
2. Il mattino dopo
3. Dove il buio è signore
4. Tu
5. Adagio per gli occhi di un bambino
6. Gesù, quel giorno
7. Presagio
8. Uomo nasce fiore cresce appassisce muore
9. Adagio per gli occhi di un bambino (Reprise)
10. Il conto alla rovescia
11. Era l’ora del tramonto
12. La terra che nessuno conosce (Reprise)

GLI OCCHI DI UN BAMBINO (TOTO TORQUATI) - 76 MB

UNDER A BLOOD RED SKY (U2) - 1983


Gli U2 pubblicarono “Under a blood red sky” nel 1983. Un album dal vivo - uno di quei dischi che segnano un’epoca: non a caso, è l’album dal vivo con il maggior numero di vendite in Gran Bretagna. I brani presenti sono tratti dai concerti del “War Tour”: fra essi spiccano, in particolare, “Sunday bloody Sunday”, resa con un'incredibile grinta da Bono (celebre la frase che introduce il pezzo: "Non è una canzone di protesta …”), una versione “massiccia” di “New year’s day” e la “spigliata” “Party girl”.
Un album che non richiede altre parole o commenti.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Ottimo.

“Under a blood red sky” is the name of US’s live record release in 1983. One the most famous landmark rock albums: in fact, it is the best-selling live recording ever in the UK. It consists of live recordings from three shows on the band's “War” tour. The album highlights include a fiery rendition of “Sunday bloody Sunday” (famously introduced by Bono with the words "this is not a rebel song”), a powerful version of “New year’s day”, and a jaunty run-through of “Party girl”.
An album for which any other word or comment would be superfluous.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Very good.

U2 (1983):

Bono - voce (lead vocals)
The Edge - chitarra, piano, cori (guitar, piano, backing vocals)
Adam Clayton - basso, cori (bass guitar, backing vocals)
Larry Mullen Jr. - batteria e percussioni, cori (drums and percussions, backing vocals)

TRACK LIST:

1. Gloria
2. 11 o’clock tick tock
3. I will follow
4. Party girl
5. Sunday bloody Sunday
6. The Electric Co
7. New Year’s Day
8. “40”

UNDER A BLOOD RED SKY (U2) - 78,7 MB

sabato 17 maggio 2008

VERY 'EAVY ... VERY 'UMBLE (URIAH HEEP) - 1970


“Very ‘eavy ... very ‘umble” è stato l’album d’esordio degli Uriah Heep, band britannica fra le progenitrici dell’hard rock. L’album fu in genere trascurato dalla critica musicale specializzata dell’epoca, sebbene venga riconosciuto come uno dei primi classici del genere hard.
Gli Uriah Heep non sono un gruppo di rock progressivo nel vero senso del termine in quanto la loro musica affonda le radici in quello che a partire dalla fine degli anni Sessanta fu chiamato hard rock (o heavy metal). E infatti, ascoltando questo loro primo album si percepisce inconfondibilmente un suono piuttosto “duro”. Tuttavia, il lavoro creativo di questa band mostrava già una qual certa inclinazione verso il genere progressive, come risulta più evidente negli album successivi.
Il brano d’apertura “Gipsy” è con tutta probabilità il successo più famoso degli Uriah Heep. Altro pezzo forte di questo disco è “Come away Melinda”, una ballata acustica con introduzione tenue di flauto (probabilmente reso usando un mellotron), una chitarra acustica avvolgente e un cantato particolarmente intenso. Tuttavia, il pezzo che preferisco è quello conclusivo, “Wake up (Set your sights)”, indubbiamente il più ispirato al genere progressivo.
“Very ‘eavy … very ‘umble” è un disco interessante, leggermente sottovalutato, opera di una band anch’essa trascurata dalla critica rock. Si tratta di un album a suo modo coerente, con brani piacevoli. Un album piacevole, indubbiamente, consigliato a quelli che amano il rock progressivo e il primo hard-rock dei primi anni Settanta.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Distinto/Ottimo.

“Very ‘eavy ... very ‘umble” is the debut album of British hard rock band Uriah Heep. The album was generally panned by the mainstream critical press upon its release, although it has since been acknowledged as an early classic of the hard rock genre.
Uriah Heep aren't a pure progressive rock band, cause their roots are on hard rock/heavy metal from late 1960's. In fact, this first album of theirs clearly says that the sound is heavy. But the creative work of the band already showed some inclination to progressive rock (which would be much more clear in the next albums).
The opener “Gipsy” is perhaps Uriah Heep’s most famous hit. Another gem of the album is no doubt “Come away Melinda”, an acoustic ballad with a flute (probably mellotron) introduction, a very soft and beautiful acoustic guitar and a very inspired singing. But the song I like best in this album is the closing track “Wake up (Set your sights)”, the most prog rock-oriented piece of “Very ‘eavy … very ‘umble”.
This is a very interesting and underrated debut from an underrated band in rock. The album is very consistent and the songs are good. A very good album, without a doubt, recommended to those who like progressive rock and also hard-rock from early 1970s.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Fairly/Very good.

URIAH HEEP (1970):

David Byron - voce (lead vocals)
Ken Hensley - piano, organo, mellotron, slide guitar, cori (piano, organ, mellotron, slide guitar, backing vocals)
Mick Box - chitarra elettrica e acustic, cori (electric and acoustic guitars, backing vocals)
Paul Newton - basso, cori (bass guitar, backing vocals)
Nigel Olsson - batteria e percussioni (drums and percussions)

TRACK LIST:

1. Gypsy
2. Walking in your shadow
3. Come away Melinda
4. Lucy blues
5. Dreammare
6. Real turned on
7. I'll keep on trying
8. Wake up (Set your sights)

VERY 'EAVY ... VERY 'UMBLE (URIAH HEEP) - 73,9 MB

MADE IN ITALY ...






Alcune buone ragioni per (non) essere fieri di essere italiani ...

Some good reasons for (not) being proud to be Italian ...

venerdì 16 maggio 2008

GNOCCHE TETTONE (BIG-BOOBED CUTIES)




Un po' di gnocche tettone non fanno mai male ...

Big-boobed cuties will surely do ...

THE BEST OF DOOBIE BROTHERS (2007)


I Doobie Brothers sono un gruppo musicale nato negli anni Settanta, da annoverare nel genere rock con componenti blues-funky, inizialmente formato nel 1969 da Tom Johnston, chitarrista ed autore dei testi, e John Hartmann, batterista, cui si sono affiancati mano a mano altri musicisti.
Durante la loro carriera i Doobie Brothers hanno vinto un gran numero di Grammy Awards e dischi d'oro e di platino. Il loro successo più famoso, “Long train running”, è solo uno dei moltissimi brani che compaiono nella compilation che ho deciso di postare. Un doppio album all’insegna del rock tipico americano - una tipica musica da viaggio che evoca i grandi trucks statunitensi e i lunghi viaggi sulle highway americane.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Distinto/Ottimo.

Formed in the early 1970s, American band Doobie Brothers are a typical rock band with blues and funky influences. Founding members Tom Johnston (guitar, lyrics) and John Hartmann (drums) met in 1969 and were subsequently joined by a number of other musicians.
During their career - the band is still active - Doobie Brothers have won many Grammy Awards as well as gold and platinum records. Their most famous hit, “Long train running”, is just one of the great deal of songs appearing on the compilation I’m posting today. A double album sounding as brand American rock - the sort of music that makes you think of the big American trucks and the long journeys along American highways.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Fairly/Very good.

MOLTISSIMI SONO STATI I MUSICISTI CHE SI SONO AVVICENDATI NEL GRUPPO. LA SEGUENTE È LA FORMAZIONE ATTUALE.

A LOT OF MUSICIANS HAVE PLAYED UNDER THE DOBBIE BROTHERS’ NAME. BELOW IS THE LIST OF CURRENT DOOBIE MEMBERS.

Tom Johnston - chitarra, voce (guitar, vocals)
Guy Allison - tastiere, voce (keyboards, vocals)
Michael Hossack - percussioni (percussions)
John McFee - chitarra, voce (guitar, vocals)
Marc Russo - sassofono (sax)
Pat Simmons - chitarra, voce (guitar, vocals)
Skylark - basso, voce (bass guitar, vocals)
Ed Toth - percussioni (percussions)

TRACK LIST:

DISC 1:

1. Listen to the music
2. Jesus is just alright
3. Rockin' down the highway
4. Long train running
5. China grove
6. South city midnight lady
7. Another park, another sunday
8. Eyes of silver
9. Nobody
10. Black water
11. Take me in your arms (Rock me)
12. Sweet Maxine
13. I cheat the hangman
14. Takin' it to the streets
15. Wheels of fortune
16. It keeps you runnin’

DISC 2:

1. Little darling (I need you)
2. Echoes of love
3. What a fool believes
4. Minute by minute
5. Dependin' on you
6. Real love
7. One step closer
8. Wynken, Blynken & Nod
9. Keep this train a-rollin'
10. Here to love you
11. You belong to me
12. The doctor
13. South of the Border
14. Need a little taste of love
15. Dangerous
16. Rollin' on
17. Ordinary man

THE VERY BEST OF DOOBIE BROTHERS

DISC 1 (94,6 MB)

DISC 2 (88,7 MB)

FREDDURE SUI MUSICISTI (3) - WITTICISM ON MUSICIANS (3)

Terzo post dedicato alle barzellette sui miei colleghi musicisti. Come al solito, si prendono di mira quelli che fra noi suonatori vengono considerati … come posso dire, i più sfigati, antipatici, o altro ancora. Non me ne vogliano, ad esempio, i fiatisti o i suonatori di banjo: personalmente, li rispetto al pari di qualsiasi altro esecutore.

A NOTE FOR FOREIGN VISITORS. Here’s the third post dedicated to jokes about musicians. Once again I won't translate them into English: in fact, they're based on puns that make sense only in Italian and, above all, refer to situations typical of the circles of musicians living and performing in Italy.


“Come si fa a proteggere un oboe dai furti?”
“Basta metterlo nella custodia del clarinetto.”


“Perché i musicisti delle bande di paese camminano quando suonano?”
“Perché in movimento è più difficile colpirli.”


“Qual è la differenza fra un trampolino e un banjo?”
“Per saltare su un trampolino ci si toglie le scarpe …”


Cosa è in musica il triangolo?
a) Un piccolo strumento a percussione.
b) L’intreccio amoroso su cui si basa la maggior parte delle relazioni segrete fra un direttore d’orchestra, una soprano ed un componente dell’orchestra.
c) Il dispositivo per segnalare che l’autobus dell’orchestra è in panne.


“Qual è la differenza fra un trombone e una fogna?”
“In una fogna scorre meno acqua ed è anche più pulita …”


Un contrabbassista arriva in ritardo alle prove del concerto annuale della filarmonica locale: la 5a Sinfonia di Beethoven. Il direttore gli chiede se ha bisogno di accordare, ma lui replica sorpreso.

“Perché? Non è la stessa sinfonia dell’anno scorso?”

sabato 10 maggio 2008

THE LEAST WE CAN DO IS WAVE TO EACH OTHER (VAN DER GRAAF GENERATOR) - 1970


“The least we can do is wave to each other”, pubblicato nel 1970, è il secondo album dei Van Der Graaf Generator (VDGG) anche se, in realtà, si tratta del primo vero lavoro attribuibile al gruppo. Infatti, il disco d’esordio “Aerosol grey machine” era stato composto e registrato in pratica come disco solista di Peter Hammill, cantante, autore e icona per antonomasia dei Van Der Graaf Generator.
“The least we can do is wave to each other” è stato il primo album dei VDGG che comprai (più o meno una trentina di anni fa) e rimane tuttora il mio preferito. Tutti i sei brani sono ugualmente affascinanti ma, soprattutto, questo album contiene “Refugees”, una delle canzoni più belle che abbia mai ascoltato in vita mia, un brano che ancora oggi mi fa venire i brividi, con la sua melodia sognante e, soprattutto, un testo meraviglioso - peculiarità tutt’altro che rara in un artista quale Peter Hammill, considerato uno degli autori di testi più talentuosi del genere progressive.
Il testo di “Refugees” mi intrippa al punto tale che ho deciso di proporvelo di seguito, tradotto liberamente in italiano dal sottoscritto (ferme restando le limitazioni che qualsiasi traduzione comporta):

Il Nord era da qualche parte, lontano negli anni e freddo:
i ghiacci intorpidivano gli animi delle persone, facendole invecchiare.
Il Sud partoriva invece terre amabili ma aride ...
Ho percorso le acque profonde ed esercitato la mia mente.

L’Est era l’alba che si ravvivava alla luce del sole dorato:
arrivarono poi le dolci brezze, e tutte le persone divennero un unico essere
durante l’estate, sebbene la gente se la ridesse;
vivevamo in pace ed eravamo felici.

Camminavamo da soli, talvolta mano nella mano,
attraverso la linea sottile che separa il mare dalla terra;
sorridendo nella più assoluta pace,
capimmo che avremmo potuto vivere liberi,
e fu allora che migrammo tutti insieme a Ovest.

E sarà proprio lì che il mondo prima o poi avrà fine,
nell’Ovest, dove il grigio si trasforma in giallo oro,
dove si può vivere in pace con quelli che amiamo,
e la luce illumina a sprazzi le nuvole dorate sopra di noi;
l’Ovest è la terra di Mike e Susie,
l’Ovest è dove dono il mio amore.

Nell’Ovest vivremo gli ultimi giorni della nostra vita,
racconteremo le solite vecchie storie ... se non altro, ci avremo provato.
Andremo a Ovest, con i sorrisi dipinti sui nostri volti;
portando le nostre scure a tutti quelli
che non scopriranno mai la strada giusta.

Siamo esuli, in fuga dalla vita
quella vita che abbiamo conosciuto e amato;
non c’è più niente da fare né da dire, nessun posto in cui vivere;
ora siamo soli.
Siamo esuli, in fuga con le nostre poche cose
chiuse in borse marroni avvolte con lo spago;
non abbiamo niente a cui pensare, niente ha più significato,
ma siamo felici dentro di noi.
l’Ovest è la terra di Mike e Susie,
l’Ovest è la casa di Mike e Susie.
L’Ovest è dove dono il mio amore,
la terra promessa di noi esuli.

La pregiata fattura musicale e letteraria non rappresenta l’unica caratteristica saliente di “The least we can …”. Infatti, questo disco fu registrato facendo ricorso alle tecniche di registrazione più avanzate disponibili all’epoca. I Van Der Graaf Generator sfruttarono al meglio tali mezzi, realizzando un album di notevole livello tecnico audio per quei tempi.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Ottimo.


Released in 1970, “The least we can do is wave to each other” is the second album by English prog rock band Van Der Graaf Generator (a.k.a. VDGG). As a matter of fact, it is the very first album by the band, since the debut record “Aerosol grey machine” had been written and recorded as a solo record by singer, songwriter and band leader Peter Hammill.
“The least we can do is wave to each other” was the first VDGG’s album I bought (about thirty years ago) and still remains my favourite one. There’s no weak track on this album and, what’s more, “Refugees” is one of the best songs I’ve ever listened to in my life. In addition to the daydreaming tune, “Refugees” features wonderful lyrics – this being quite usual for such a talented as Peter Hammill, one of the best songwriters of all-time prog rock music.
I love the “Refugees” lyrics so much that I’m posting below the full text:


North was somewhere years ago and cold:
Ice locked the people's hearts and made them old.
South was birth to pleasant lands, but dry...
I walked the waters' depths and played my mind.

East was dawn, coming alive in the golden sun:
the winds came gently, several heads became one
in the summertime, though august people sneered;
we were at peace, and we cheered.

We walked along, sometimes hand in hand,
between the thin lines marking sea and sand;
smiling very peacefully,
we began to notice that we could be free,
and we moved together to the West.

West is where all days will someday end,
where the colours turn from grey to gold,
and you can be with the friends.
And light flakes the golden clouds above;
West is Mike and Susie,
West is where I love.

There we shall spend our final days of our lives,
tell the same old stories... yeah well, at least we tried.
So into the West, smiles on our faces, we'll go;
oh, yes, and our apologies to those
who'll never really know the way.

We're refugees, walking away from the life
that we've known and loved;
nothing to do nor say, nowhere to stay;
now we are alone.
We're refugees, carrying all we own
in brown bags, tied up with string;
nothing to think, it doesn't mean a thing,
but we can be happy on our own.
West is Mike and Susie,
West is Mike and Susie.
West is where I love,
West is refugees' home.

Excellent music and lyrics aren’t the only prerogatives of “The least we can …”. In fact, the album was recorded by making use of the most advanced studio recording technology at that time: the band made excellent use of the newest technology and created a record of outstanding technical quality for the time.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Very good.

VAN DER GRAAF GENERATOR (1970):

Peter Hammill - voce, chitarra acustica, piano in “Refugees” (lead vocals, acoustic guitar, piano on “Refugees”)
Hugh Banton - organo, piano, cori (organ, piano, backing vocals)
David Jackson - sax alto e tenore, flauto, cori (alto and tenor sax, flute, backing vocals)
Guy Evans - batteria e percussioni (drums and percussions)
Nick Potter - basso, chitarra elettrica (bass, electric guitar)

TRACK LIST:

1. Darkness
2. Refugees
3. White hammer
4. Whatever would Robert have said?
5. Out of my book
6. After the flood

THE LEAST WE CAN DO IS WAVE TO EACH OTHER (VAN DER GRAAF GENERATOR) - 60,5 MB

L'ORGOGLIO ITALIANO - SI FA PER DIRE (PROUD TO BE ITALIAN - IT'S ONLY IN A MANNER OF SPEAKING)






CLASSIFICHE 45 GIRI IN ITALIA (ITALY'S SINGLE HIT CHARTS)


Altro post dedicato alle classifiche dei 45 giri più venduti in Italia. La classifica di oggi risale al 27 maggio 1970: oltre agli immancabili melodici nostrani, i “vecchioni” come me intorno alla cinquantina ricorderanno certamente il successo planetario degli Shocking Blue intitolato “Venus”.

Another post dedicated to the charts of the best-selling singles in Italy.Today’s chart shows the single hits best sold in Italy during the week ending on May 27th 1970: in addition to the usual Italian melodic singers, people in their late Forties (and older) will certainly remember Shocking Blue’s international hit “Venus”.


CLASSIFICA 45 GIRI, 27 MAGGIO 1970 (fonte: Sogno)

1) IT'S FIVE O'CLOCK (APHRODITE'S CHILD)
2) LET IT BE (THE BEATLES)
3) FIORI BIANCHI PER TE (JEAN FRANÇOIS MICHEL)
4) OCCHI DI RAGAZZA (GIANNI MORANDI)
5) LA PRIMA COSA BELLA (NICOLA DI BARI)
6) WIGHT IS WIGHT (MICHEL DELPECH)
7) INSTANT KARMA (JOHN LENNON)
8) VENUS (SHOCKING BLUE)
9) BUGIARDO E INCOSCIENTE (MINA)
10) ETERNITÀ (I CAMALEONTI)

mercoledì 7 maggio 2008

U.S.A. (KING CRIMSON) - 1975


“USA” rappresenta l’ultima produzione dal vivo postuma dei King Crimson del periodo di “Larks’ tongues in aspic” – indubbiamente, uno dei migliori dischi dal vivo degli anni Settanta. La qualità del suono è certamente migliore rispetto ad altre testimonianze degli spettacoli della band risalenti a quel periodo (vedere la serie dei quattro album intitolata “The great deceiver”, da me postata l’8 luglio 2007, il 3 settembre 2007, il 4 settembre 2007 e il 1 ottobre 2007.
L’album comprende incisioni del periodo 1973-74, in prevalenza versioni live dei brani presenti in "Larks' tongues in aspic" e "Starless and bible black". Inoltre, contiene due brani in più (gli ultimi due) rispetto all’edizione originale in vinile.
“USA” è un ottimo biglietto da visita dei King Crimson – indispensabile, per gli ascoltatori più giovani, quanto la compilation “A young person’s guide to King Crimson” (ved. mio post del 19 marzo2007) , sebbene sono convinto che avrebbe compilato tale raccolta inserendovi brani diversi.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Ottimo.

“USA” represents the posthumous live effort of the “Larks’ tongues in aspic”-era King Crimson, and quite simply, one of the great live album documents to emerge from the 1970s. Relative to the other archive releases available from this era of King Crimson's history (see my “The great deceiver” four-CD set of posts on July 8th 2007, September 3rd 2007, September 4th 2007 and October 1st 2007), I find the sound is best here.
The album includes recordings dating back to 1973-74, most of them live renderings of the pieces contained in "Larks' tongues in aspic" and "Starless and bible black". It contains two extra tracks compared with the original vinyl record release.
“USA” is an excellent King Crimson’s calling card, as obligatory to younger listeners as “A young person’s guide to King Crimson” (which I posted on March 19th 2007) , although I'm sure any of us who would take it upon ourselves to compile such a guide would do so differently than any other.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Very good.

KING CRIMSON (1973-74):

Robert Fripp - chitarre, mellotron (guitars, mellotron)
David Cross - violino, viola, mellotron (violin, viola, mellotron)
John Wetton - basso, voce (bass, vocals)
Bill Bruford - batteria e percussioni (drums and percussions)

TRACK LIST:

1. Walk on ... No pussyfooting
2. Larks' tongues in aspic - Part 2
3. Lament
4. Exiles
5. Asbury Park
6. Easy money
7. 21st century schizoid man
8. Fracture
9. Starless

U.S.A. (KING CRIMSON) - 151 MB

DI NUOVO IN PISTA! (ANONIMO VENEZIANO IS BACK AGAIN)

In tempi come questi, la fuga è l’unico modo per mantenersi vivi e continuare a sognare.”
(Henri Laborit)

Esattamente ad un mese di distanza dall’ultimo post, rieccomi qua. Non sono morto, né malato, né ho abbandonato la famiglia per scapparmene con una bella smandracchiona dell’Est europeo. Ho lavorato, sì, ma non al punto tale da dover trascurare il mio blog.
No, niente di tutto questo. La mia assenza prolungata è dovuta ad un incontro che ha in qualche modo sconvolto la mia vita. Un incontro con una persona che non vedevo da oltre trent’anni. Non una donna, bensì un uomo. (UN UOMO, DIRETE VOI? FORSE CHE ANOMINO VENEZIANO HA IMPROVVISAMENTE OPTATO PER L’ALTRA SPONDA?)
Niente di tutto ciò! Ho semplicemente reincontrato Massimo. Massimo ha 56 anni, essendo più vecchio del sottoscritto di otto anni. Quando ero molto piccolo, Massimo fu una delle persone che mi rimasero maggiormente impresse. Parliamo della fine anni Sessanta, quando avevo nemmeno dieci anni e lui era un adolescente. Adolescente ribelle, capellone e con una barba lunga – avete idea una sorta di John Lennon, ma con un viso un po’ più paffuto? Ecco come me lo ricordavo Massimo allora, quando faceva dannare i genitori con i suoi comportamenti anticonformisti e il suo look. Era uno di quelli che mia madre chiamava “disgrassià”, “discentrà”, insomma un casinista rompipalle in perfetto stile Sessantottino.
Parliamo quindi di quarant’anni fa, visto che siamo in vena di ricorrenze storiche (vedi il maggio francese – ma a chi potrà ormai interessare quell’epoca?). Ricordo la madre di Massimo che si lamentava con mia madre, per quel figlio che era andato chissà dove. Solo più tardi seppi che aveva trascorso un periodo in Inghilterra e, successivamente, in India. A metà anni Settanta, Massimo era anche stato coinvolto in una vicenda poco chiara legata alle attività della cosiddetta sinistra ultraparlamentare (per i più giovani, gli odierni “centri sociali”, “antagonisti” - chiamateli come meglio vi pare). L’ultima volta che lo vidi fu, appunto, una trentina di anni fa: lo ricordo alla perfezione perché da poco si era conclusa la tragica vicenda del sequestro di Aldo Moro. Sebbene fossi molto più giovane di lui, Massimo parlava volentieri con me, così come aveva fatto fin da quando ero piccolo. Fra l’altro, le nostre madri erano amiche di lunga data. Ebbene, quel giorno di primavera del 1978, Massimo mi disse una frase che spesso mi è tornata alla mente e che suonava più o meno così: “Qui tira una brutta aria, e sarà ancora peggio nei prossimi anni. Mi sa che me ne vado via dall’Italia.” Oggi, a trent’anni di distanza, capisco perfettamente cosa voleva dire …
Lo scorso 4 aprile, un venerdì, mi trovavo negli uffici dell’anagrafe centrale della mia città. Mentre aspettavo il mio turno in coda, mi si avvicina un tipo di mezza età, chiedendomi: “Scusa, ma tu non sei Domenico, quello che suonava le tastiere?” Fisso quel tipo, dall’aspetto sportivamente elegante. Guardandolo negli occhi, mi rendo immediatamente conto di chi è quella persona che mi sta davanti. “Ma dai! Massimo? Sei tu?” Era proprio lui.
Non mi dilungherò sugli esiti di quell’incontro. Dirò solo che dopo un abbraccio amichevole e qualche chiacchiera davanti ad un caffè, dopo essere usciti dall’anagrafe, ci siamo messi d’accordo per rivederci. E ci siamo rivisti ben tre volte, prima che Massimo ripartisse per l’ennesima volta, diretto in Australia, paese dove risiede da quattro anni.
Io e Massimo abbiamo alcune cose in comune: gli studi linguistici, la passione per la musica (anche quella suonata), un padre artigiano (i nostri rispettivi papà collaboravano fra loro, essendo rispettivamente un falegname il padre di Massimo e un tappezziere in stoffe il mio caro papà). L’unica differenza è che io ho vissuto quasi tutta la mia vita a Torino, mentre Massimo ha trascorso i due terzi dei suoi 56 anni oltre i confini italici. Fu proprio nel 1978 che decise di trasferirsi altrove. Dopo un breve periodo vissuto in Francia, Massimo si trasferì a inizio anni Ottanta in Svezia, proprio quella Svezia che io adoro e che conosco abbastanza bene. Per questo motivo non mi sono stupito dei resoconti che Massimo mi ha fatto del periodo da lui vissuto in quel paese. Fra l’altro, ho avuto modo di rinfrescare il mio pessimo svedese con lui, che ancora ricorda perfettamente quell’idioma. L’anno successivo all’omicidio di Palme - era il 1987, Massimo decise che la Svezia non faceva più per lui e si trasferì in Messico, dove rimase per cinque anni. Furono, secondo le sue parole, il periodo più intenso della sua vita, sia per il fatto che si dedicò esclusivamente alla professione di musicista, sia per le innumerevoli avventure amorose che ebbe. Tornato in Italia (nel frattempo, la sua famiglia si era trasferita in un sobborgo alle porte di Torino), dopo nemmeno un mese ripartì alla volta della Grecia, grazie ad un conoscente di Atene, città nella quale si stabilì a fine 1992. Memore dell’esperienza di apprendista falegname - esperienza maturata part-time da giovane presso il laboratorio del padre - Massimo lavorò in una falegnameria del Pireo per oltre due anni, dopodiché si trasferì sull’isola di Creta, dove lavorò sia come musicista sia come addetto alla sala bar di un centro turistico, sia svolgendo lavori occasionali durante la stagione “morta” del turismo. A Creta conobbe Popi, la donna della sua vita, quella con la quale ebbe una relazione durevole e intensa, tragicamente stroncata dalla prematura morte di lei. Fu un duro colpo per Massimo e il solo fatto di ricordare quell’evento fece comparire un velo pesante di tristezza nei suoi occhi. Disilluso e abbattuto - era ormai il 2001 - Massimo prese servizio su una nave che faceva la spola fra il Pireo e Creta, questa volta con la mansione di barman. Il lungo peregrinare sui mari non durò molto: infatti, nemmeno un anno dopo Massimo prese la decisione di cambiare nuovamente terra d’adozione. E questa volta puntò alla volta della Spagna, più precisamente Barcellona, città dove visse per due anni scarsi, fino a inizio 2004, quando decise che la Spagna - e l’Europa più in generale - lo avevano stancato e che sentiva nuovamente la nostalgia di lidi lontani. Fu così che, grazie ad un conoscente di Canberra, con il quale aveva instaurato un ottimo rapporto proprio a Barcellona, decise, nel marzo 2004, di trasferirsi niente meno che in Australia. Ed è in quel remoto paese che ha conosciuto Camilla (così mi pare di ricordare il suo nome), una coetanea con la quale vive serenamente in un sobborgo di Sydney.
Quando penso alla vita frizzante di Massimo, mi sento una merdaccia. Quello che mi ha maggiormente colpito di lui è la sua freschezza, il suo entusiasmo, la sua capacità di adattarsi a situazioni diverse. Massimo ha 56 anni, ma ne dimostra una decina in meno. Non si tratta soltanto dell’aspetto fisico: è piuttosto un qualcosa che emana da dentro. Una delle caratteristiche che gli hanno permesso di muoversi così agevolmente in posti diversi della Terra è la sua disponibilità, il suo carattere estroverso, la sua capacità di fare conoscenze e instaurare relazioni, in molti casi con persone “che contano”. Tuttavia, a sentire lui - e non ho motivo di dubitarne, conoscendo che tipo era ma, soprattutto, vedendo come si comporta ancora oggi - non si è trattato di semplice “adulazione” o ruffianeria: Massimo era il tipo che, ad esempio, mentre si trovava in Messico, aveva la possibilità (e la fortuna, se vogliamo) di conoscere e di entrare in confidenza con una persona la quale lo avrebbe “aiutato”, a distanza di anni, a sistemarsi in una città europea. L’ultimo suo spostamento in Australia - a suo dire, quello definito - rappresenta un esempio emblematico. Da come mi ha raccontato Massimo, è stata dura riuscire a stabilirsi agli Antipodi. Avevo sentito parlare delle difficoltà che si hanno per poter risiedere stabilmente in Australia, e Massimo me lo ha confermato. Non mi ha nascosto il fatto che la conoscenza di quel tipo di Canberra (un funzionario pubblico) è stata fondamentale.
Due sono le cose che mi hanno improvvisamente fatto sentire, come ho detto, una merdaccia (e che giustificano la crisi quasi-mistica che mi ha attanagliato nell’ultimo mese - motivo principale per il quale sono sparito dal mio blog). La prima è che Massimo ha sempre vissuto come meglio gli garbava, dedicandosi ad attività che amava e per le quali era portato. Tale sua versatilità mi fa in un certo senso invidia - un’invidia benevola, ovviamente, non accidiosa: in tutti questi anni, Massimo si è guadagnato da vivere prevalentemente suonando (il mio mito!) ma anche in altri modi: come ho detto, lavorando come barman e falegname. Non solo: ha anche insegnato italiano, ha lavorato come addetto portuale, ha organizzato eventi. La seconda cosa è che ha intessuto rapporti e conoscenti in mezzo mondo. L’ultima volta che ci siamo visti (lo scorso mercoledì), ho avuto modo di ammirare il racconto fotografico della sua vita, gelosamente custodito su un PC portatile contenente centinaia di foto (sia scannerizzate da originale sia digitali) che mostravano Massimo negli ultimi trent’anni, nei luoghi più disparati del mondo, in compagnia di non so quante persone - uomini e donne di ogni etnia e provenienza. Volendo, mi ha confidato Massimo, non avrebbe problemi a stabilirsi negli Stati Uniti, in Medio Oriente e perfino in Giappone. Ma è solo lui a scegliere dove andare. La sua conoscenza delle lingue straniere di certo lo ha avvantaggiato ma, soprattutto, è quel suo modo di fare ad averlo aiutato a sopravvivere - ma che dico, a vivere, e che vita! Già da ragazzo, ai tempi della contestazione, era uno dei leader studenteschi. Me lo immagino quindi dopo aver raggiunto la maturità, sparso in angoli diversi del mondo.
Come ho detto, Massimo è ripartito per l’Australia e, forse, non lo rivedrò più. Sebbene in tutti questi anni abbia fatto parecchie puntate qui a Torino - il motivo del suo ultimo rientro in Italia era incontrare la sorella per la cessione definitiva di un immobile di proprietà dei suoi genitori deceduti ormai da anni - è stato un caso più unico che raro averlo potuto incontrare. Ho meditato a lungo in questo mese, sentendomi - lo ripeto - una merdaccia: costretto a lavorare come un pirla per smadonnare il pranzo con la cena, quasi sempre preoccupato per le incazzature inevitabilmente derivanti dalla prole turbolenta, tristemente destinato a vivere in un paese di merda governato da personaggi secondo le quali bruciare una bandiera è un fatto più grave che pestare a morte per futili motivi un poveraccio capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma ancora una volta mi sono reso conto del fatto che “volere è potere”. Certo è vero che il caso e le circostanze della vita sono imprevedibili, che il più delle volte bisogna incontrare le persone giuste al momento giusto nel luogo giusto. Ma se si vuole raggiungere un obiettivo, il più delle volte i risultati sono perlomeno soddisfacenti. Bisogna solo avere il coraggio di osare.
Poi c’è chi è più fortunato, chi vive nella cosiddetta aurea mediocritas e chi, immancabilmente, è perseguitato dall’eterna sfiga. Così è la vita.
Ed è con questa considerazione che, superato il momento di crisi quasi-mistica, ritorno alla vita di tutti i giorni. E, soprattutto, a curare il mio blog.
Scusatemi per la lunga confessione-sfogo, ma ne sentivo davvero il bisogno.
ANONIMO VENEZIANO