lunedì 8 settembre 2008

LAUGHING STOCK (1991) - TALK TALK


Il 20 luglio 2008 ho postato l’album dei Talk Talk “It’s my life”, un vero successo planetario di pop “commerciale” (basti pensare al singolo “Such a shame”). Oggi, invece, voglio postare “Laughing stock”, quinto (e ultimo) album in studio dei Talk Talk, un disco completamente diverso pubblicato nel 1991 e caratterizzato da ampie sezioni strumentali eseguite dal gruppo accompagnato da una ricca schiera di musicisti fra i quali una ricca sezione di viole. Le sedute di registrazione di “Laughing stock” vengono ricordate dai fan del gruppo come un qualcosa di simile a riti mitologici: la rivista specializzata “Tape Op” pubblicò un lungo articolo che sottolineava il perfezionismo maniacale di Mark Hollis e la sua abitudine di accendere candele e incensi per creare l’atmosfera giusta per le registrazioni. L’accoglienza della critica fu in generale positiva: in molti hanno sottolineato il fatto che l’album traeva ispirazione da generi diversi e che, come l’album precedente della band “Spirit of Eden” (molto simile per atmosfere), i testi sono prevalentemente di carattere mistico-religioso. “Laughing stock” è considerato, insieme al summenzionato “Spirit of Eden”, fra i primi lavori ad essere classificati come genere post-rock.
Il disco (che ritengo, personalmente, il capolavoro dei Talk Talk) inizia con venti secondi di silenzio, seguiti dal ronzio sommesso di un amplificatore per chitarra. Venti secondi di silenzio, dicevo, poi un accordo, liquido e riverberato, e l’inconfondibile voce di Hollis a tratteggiare i primi schizzi dell’affresco. E’ un’ingresso in sordina, una musica che bisogna sforzarsi di seguire nei suoi vuoti per poter godere davvero dei suoi pieni. "Una nota è meglio di due, e nessuna è meglio di una" amava ripetere all’epoca il cantante e compositore. "Myrrhman", il brano d’apertura, si dipana così, senza che l’ascoltatore se ne accorga, senza che si riesca a capire dove il brano ci vuole portare, tra il singhiozzo triste di Hollis, la sua chitarra che tratteggia macchie impressionistiche di suoni, e qualche accenno di tromba e di percussione. Infine, senza soluzione di continuità (ma con un cambio armonico poco prevedibile), lo splendido pezzo d’apertura ci fa intravedere un mare ancora più calmo e rarefatto, composto da un tappeto di archi sottili e levigati sui quali un oboe lontano tratteggia una melodia di profonda malinconia.
Tutto l'album in generale è un susseguirsi di atmosfere da sogno, eteree, rarefatte - un tappeto sonoro ricco di intrecci e sfumature, un vero capolavoro della musica anni Novanta che non saprei nemmeno come definire: rock progressivo d’avanguardia, musica d’ambiente, post-rock classicheggiante. Una musica che scava nel profondo dell’animo e della mente, una musica riflessiva - un album, tuttavia, da ascoltare distesi su un divano, nella penombra, da soli, possibilmente avendo dormito un numero sufficiente di ore la notte prima: no, non è una battuta, “Laughing stock” ha un potere magicamente ipnotico, affascinante e suggestivo.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Ottimo.

On July 20th 2008 I posted Talk Talk’s album “It’s my life”, a worldwide commercial pop success. Today I’m posting “Laughing stock”, Talk Talk’s fifth and final studio album - a completely different work released in 1991, featuring instrumental sections from a large ensemble of musicians, including as many as seven violists on occasion. The recording sessions have attained near-mythical status among underground music fans: “Tape Op” magazine ran an extensive article detailing the harrowing recording sessions, marked by Mark Hollis’ perfectionist tendencies and his use of candles and incense to set the mood. Reviews of the album were generally good: many tended to emphasise the fact that it spanned several genres and, like the predecessor “Spirit of Eden”, the lyrical themes are often religious. The album is widely considered, along with “Spirit of Eden”, as one of the first records to be classed as within the post-rock genre.
The album - Talk Talk’s masterpiece, in my opinion - starts with twenty seconds’ silence, followed by the soft whir of a guitar amplifier. Twenty seconds’ silence, I said, then comes a liquid, re-echoing chord and Mark Hollis’ unique voice starts sketching the first brush-strokes of this astonishing fresco. “Laughing stock” starts in a subdued tone: you need to endeavour to fully get into the mood of the music in this album, i.e. get into the “voids” of this music in order to fully appreciate its fullness. Mark Hollis used to say again and again, at the time of composing the album, that "one note is better than two, and no note is better than one”. The opening track "Myrrhman" unravels just like this: the listener cannot realize it, puzzled about the direction this piece of music will follow, wavering among Hollis’ sad singing, his guitar sketching impressionistic sound patches and a few hints at trumpet playing and percussive drills. Finally, with a not very predictable harmonic shift and quite interruptedly, the splendid opening piece depicts a still more rarefied and quieter instrumental atmosphere featuring a carpet of smoothly flowing strings on the background of which a far-sounding oboe plays a sad, melancholic tune.
“Laughing stock” provides a complex texture of dreamy, ethereal, rarefied atmospheres – a sound texture rich in interlacements and hues, a real masterpiece of 1990s music which I find very difficult to label: vanguard progressive rock, ambient music, classical post-rock classicheggiante. A music that penetrates your soul and mind, that makes you ponder – an album you should listen while lying comfortably on a sofa, in semi-darkness, all on your own and, if possible, after having a full night’s sleep. No, this is not a bad remark: “Laughing stock” has a magically hypnotic, fascinating and suggestive power.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Very good.

TALK TALK (1991):

Mark Hollis - voce, chitarra, pianoforte, organo (vocals, guitar, piano, organ)
Paul Webb - basso (bass guitar)
Lee Harris - batteria (drums)
Tim-Friese-Greene - organo, piano, armonium (organ, piano, harmonium)

OSPITI (GUEST MUSICIANS):

Martin Ditcham - percussioni (percussions)
Mark Feltham - armonica (harmonica)
Levine Andrade, Stephen Tees, George Robertson, Gavyn Wright, Jack Glickman, Wilf Gibson, Garfield Jackson - viola (viola)
Simon Edwards, Ernest Mothle - contrabbasso (acoustic bass)
Roger Smith, Paul Kegg - violoncello (cello)
Henry Lowther - tromba, flugelhorn (trumpet, flugelhorn)
Dave White - contrabbasso, clarinetto (contra bass, clarinet)

TRACK LIST:

1. Myrrhman
2. Ascension day
3. After the flood
4. Taphead
5. New grass
6. Runeii

2 commenti:

oldcompton ha detto...

Questo album è un piccolo capolavoro. Consiglio di ascoltare anche il primo album solista di Mark Hollis.

PS. Le tracce dell'album Tango dei Matia Bazar sono danneggiate. Peccato :(

mocho ha detto...

favorite of mine , one of the best
bands of the 80's

Mocho