venerdì 26 settembre 2008

NO PALCO (live) - BANCO DEL MUTUO SOCCORSO (2003)



Tanto per dirvi che sono ancora vivo e vegeto …
Ah … fra lavoro, famiglia e impegni vari. Ma perché non siamo nati tutti single e milionari???

Comunque, questo “No palco” è un album dal vivo del Banco del Mutuo Soccorso, registrato nel luglio 2002. La formazione è quella della band all’epoca, compresi alcuni ospiti, fra i quali gli ex-componenti di questo storico complesso progressive italiano.
Per recensire questo album, si potrebbe iniziare con: "C'era una volta il Banco del Mutuo Soccorso, il miglior gruppo progressive italiano ed uno dei migliori in Europa". Seppellito il prog rock, purtroppo, è “defunto” anche il gruppo romano, che ha voluto festeggiare il proprio trentennale con questo concerto all'Ippodromo Le Capannelle di Roma davanti, probabilmente, a pochi intimi, se sono reali le valutazioni quantitative ad ogni applauso.
“No palco” è uscito quasi inosservato e fra l'indifferenza generale; tuttavia, può piacere a chi, come il sottoscritto, per il Banco ha delirato nel momento del suo massimo splendore (ed anche oltre). Ascoltarlo non fa comunque male, considerando anche la rivisitazione dei brani e la presenza di personaggi della musica italiana … come dire …. (es. Tiro Mancino, Morgan).
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Distinto/Ottimo.


Just to let you know I’m still alive and kicking …
Well … my job, my family and all that jazz. Why weren’t we born to be single and millionaire?

“No palco” is a live album by Banco del Mutuo Soccorso, recorded in July 2002, featuring the 2002 Banco line-up plus a few guests, former band members among them.
To review this record, one could start by saying: "Once upon a time there were Banco del Mutuo Soccorso, the best Italian progressive band as well as one of the best ones in Europe ". Prog rock was buried a long time ago, unfortunately, and so wereBanco del Mutuo Soccorso, who wanted to celebrate their 30th anniversary by organizing this live show at the Ippodromo Le Capannelle, Rome (Italy), probably in front of an audience of a few tens fans, considering the “roar” of the fans clapping their hands.
“No palco” went quite unnoticed upon its release; however, it will sound pleasant to those people (including me myself) who ran crazy for this band, at the time when they reached their artistic and expressive climax. And what’s more – and curious, indeed – the songs are massively revisited and the guest musicians include a few present-day Italian pop artists who …. just listen …. (e.g. Tiro Mancino, Morgan).
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Fairly/Very good.

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO (2003):

Vittorio Nocenzi - organo, tastiere (organ, keyboards)
Rodolfo Maltese - chitarra, tromba (guitar, trumpet)
Francesco Di Giacomo - voce (lead vocals)
Maurizio Masi - batteria e percussioni (drums and percussions)
Tiziano Ricci - basso (bass guitar)
Filippo Marcheggiani - chitarre (guitars)

TRACK LIST:

1. Prologo #1
2. R.I.P.
3. Il ragno
4. Cento mani, cento occhi
5. Quando la buona gente dice
6. Canto di primavera
7. La caccia / FA# minore
8. Moby Dick
9. Non mi rompete
10. Come due treni / Intro
11. 750.000 anni fa … l'amore
12. Traccia I
13. Traccia II

martedì 16 settembre 2008

ADDIO, RICK (FAREWELL, RICK)




Richard Wright, tastierista dei Pink Floyd (uno dei miei gruppi culto, fra i 2-3 preferiti in assoluto, insieme a Genesis e Yes), è morto. Ho appreso la notizia stamattina, mentre facevo la colazione guardando il notiziario TV. Rick era da tempo malato di cancro.
Un altro pezzo di storia del grande rock che se ne va.
Addio, Rick. Che Dio ti benedica.
R.I.P.

Pink Floyd’s keyboardist Richard Wright is dead. Pink Floyd have been one of my favourite rock bands, ranking at the top of my prog rock band favourites together with Genesis and Yes. This piece of news came to my knowledge this morning, as I was having breakfast while watching TV. Rick had been suffering from cancer for some time.
Another protagonist of the “masters of rock” is gone.
Farewell, Rick. God bless you.
R.I.P.

lunedì 8 settembre 2008

LAUGHING STOCK (1991) - TALK TALK


Il 20 luglio 2008 ho postato l’album dei Talk Talk “It’s my life”, un vero successo planetario di pop “commerciale” (basti pensare al singolo “Such a shame”). Oggi, invece, voglio postare “Laughing stock”, quinto (e ultimo) album in studio dei Talk Talk, un disco completamente diverso pubblicato nel 1991 e caratterizzato da ampie sezioni strumentali eseguite dal gruppo accompagnato da una ricca schiera di musicisti fra i quali una ricca sezione di viole. Le sedute di registrazione di “Laughing stock” vengono ricordate dai fan del gruppo come un qualcosa di simile a riti mitologici: la rivista specializzata “Tape Op” pubblicò un lungo articolo che sottolineava il perfezionismo maniacale di Mark Hollis e la sua abitudine di accendere candele e incensi per creare l’atmosfera giusta per le registrazioni. L’accoglienza della critica fu in generale positiva: in molti hanno sottolineato il fatto che l’album traeva ispirazione da generi diversi e che, come l’album precedente della band “Spirit of Eden” (molto simile per atmosfere), i testi sono prevalentemente di carattere mistico-religioso. “Laughing stock” è considerato, insieme al summenzionato “Spirit of Eden”, fra i primi lavori ad essere classificati come genere post-rock.
Il disco (che ritengo, personalmente, il capolavoro dei Talk Talk) inizia con venti secondi di silenzio, seguiti dal ronzio sommesso di un amplificatore per chitarra. Venti secondi di silenzio, dicevo, poi un accordo, liquido e riverberato, e l’inconfondibile voce di Hollis a tratteggiare i primi schizzi dell’affresco. E’ un’ingresso in sordina, una musica che bisogna sforzarsi di seguire nei suoi vuoti per poter godere davvero dei suoi pieni. "Una nota è meglio di due, e nessuna è meglio di una" amava ripetere all’epoca il cantante e compositore. "Myrrhman", il brano d’apertura, si dipana così, senza che l’ascoltatore se ne accorga, senza che si riesca a capire dove il brano ci vuole portare, tra il singhiozzo triste di Hollis, la sua chitarra che tratteggia macchie impressionistiche di suoni, e qualche accenno di tromba e di percussione. Infine, senza soluzione di continuità (ma con un cambio armonico poco prevedibile), lo splendido pezzo d’apertura ci fa intravedere un mare ancora più calmo e rarefatto, composto da un tappeto di archi sottili e levigati sui quali un oboe lontano tratteggia una melodia di profonda malinconia.
Tutto l'album in generale è un susseguirsi di atmosfere da sogno, eteree, rarefatte - un tappeto sonoro ricco di intrecci e sfumature, un vero capolavoro della musica anni Novanta che non saprei nemmeno come definire: rock progressivo d’avanguardia, musica d’ambiente, post-rock classicheggiante. Una musica che scava nel profondo dell’animo e della mente, una musica riflessiva - un album, tuttavia, da ascoltare distesi su un divano, nella penombra, da soli, possibilmente avendo dormito un numero sufficiente di ore la notte prima: no, non è una battuta, “Laughing stock” ha un potere magicamente ipnotico, affascinante e suggestivo.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Ottimo.

On July 20th 2008 I posted Talk Talk’s album “It’s my life”, a worldwide commercial pop success. Today I’m posting “Laughing stock”, Talk Talk’s fifth and final studio album - a completely different work released in 1991, featuring instrumental sections from a large ensemble of musicians, including as many as seven violists on occasion. The recording sessions have attained near-mythical status among underground music fans: “Tape Op” magazine ran an extensive article detailing the harrowing recording sessions, marked by Mark Hollis’ perfectionist tendencies and his use of candles and incense to set the mood. Reviews of the album were generally good: many tended to emphasise the fact that it spanned several genres and, like the predecessor “Spirit of Eden”, the lyrical themes are often religious. The album is widely considered, along with “Spirit of Eden”, as one of the first records to be classed as within the post-rock genre.
The album - Talk Talk’s masterpiece, in my opinion - starts with twenty seconds’ silence, followed by the soft whir of a guitar amplifier. Twenty seconds’ silence, I said, then comes a liquid, re-echoing chord and Mark Hollis’ unique voice starts sketching the first brush-strokes of this astonishing fresco. “Laughing stock” starts in a subdued tone: you need to endeavour to fully get into the mood of the music in this album, i.e. get into the “voids” of this music in order to fully appreciate its fullness. Mark Hollis used to say again and again, at the time of composing the album, that "one note is better than two, and no note is better than one”. The opening track "Myrrhman" unravels just like this: the listener cannot realize it, puzzled about the direction this piece of music will follow, wavering among Hollis’ sad singing, his guitar sketching impressionistic sound patches and a few hints at trumpet playing and percussive drills. Finally, with a not very predictable harmonic shift and quite interruptedly, the splendid opening piece depicts a still more rarefied and quieter instrumental atmosphere featuring a carpet of smoothly flowing strings on the background of which a far-sounding oboe plays a sad, melancholic tune.
“Laughing stock” provides a complex texture of dreamy, ethereal, rarefied atmospheres – a sound texture rich in interlacements and hues, a real masterpiece of 1990s music which I find very difficult to label: vanguard progressive rock, ambient music, classical post-rock classicheggiante. A music that penetrates your soul and mind, that makes you ponder – an album you should listen while lying comfortably on a sofa, in semi-darkness, all on your own and, if possible, after having a full night’s sleep. No, this is not a bad remark: “Laughing stock” has a magically hypnotic, fascinating and suggestive power.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Very good.

TALK TALK (1991):

Mark Hollis - voce, chitarra, pianoforte, organo (vocals, guitar, piano, organ)
Paul Webb - basso (bass guitar)
Lee Harris - batteria (drums)
Tim-Friese-Greene - organo, piano, armonium (organ, piano, harmonium)

OSPITI (GUEST MUSICIANS):

Martin Ditcham - percussioni (percussions)
Mark Feltham - armonica (harmonica)
Levine Andrade, Stephen Tees, George Robertson, Gavyn Wright, Jack Glickman, Wilf Gibson, Garfield Jackson - viola (viola)
Simon Edwards, Ernest Mothle - contrabbasso (acoustic bass)
Roger Smith, Paul Kegg - violoncello (cello)
Henry Lowther - tromba, flugelhorn (trumpet, flugelhorn)
Dave White - contrabbasso, clarinetto (contra bass, clarinet)

TRACK LIST:

1. Myrrhman
2. Ascension day
3. After the flood
4. Taphead
5. New grass
6. Runeii

sabato 6 settembre 2008

LIVE AT MONTREUX JAZZ FESTIVAL 2003 (JETHRO TULL) - 2003


Il primo Montreux Jazz Festival risale all’anno 1967. La manifestazione fu organizzata al Montreux Casino: durava tre giorni e presentava quasi esclusivamente musicisti jazz. Dopo I primissimi anni dedicati prettamente a questo genere di musica, durante il anni Settanta il festival aprì le porte ad altri generi ed attualmente propone artisti dei più disparati generi musicali, nonostante il jazz rappresenti il protagonista principale. Nelle ultime edizioni, la rassegna si protrae per ben due settimane, raccogliendo un numero di visitatori che arriva a superare i duecentomila.
La storia dei Jethro Tull affonda le sue radici alla fine degli anni Sessanta. Più di trent’anni dopo, esattamente nell’estate del 2003, il gruppo si presenta per la prima volta sul palco del Montreaux Jazz Festival, manifestazione che, come ho sottolineato, va ben oltre la musica jazz e, soprattutto, ha prodotto - e continua a produrre - meravigliose registrazioni dal vivo. E l’album dei Jethro che posto oggi non è affatto un’eccezione al riguardo. Ian Anderson, leader e autentica personificazione della band, conserva una voce vivace e limpida, oltre a suonare ottimamente un gran numero di strumenti, flauto traverso su tutti. Gli altri componenti del gruppo - tutti tranquilli musicisti rock di mezza età - danno origine ad un complesso in grado di passare con dimestichezza dal blues tradizionale al rock progressivo di sapore medievale al quale i Jethro Tull devono la loro fama.
Il concerto è diviso in due parti: il Disco 1 comprende brani semi-acustici improntati al rock-blues, mentre il Disco 2 ripercorre con energia alcuni dei più noti successi della band. In ogni caso, un album che i fan dei Jethro non devono assolutamente perdersi.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Ottimo.

In 1967, the first Montreux Jazz Festival opened its doors. The festival was held at the Montreux Casino: it lasted for three days and featured almost exclusively jazz artists. Originally a pure jazz festival, it opened up in the 1970s and today presents artists of nearly every imaginable music style, even though jazz remains an important part of the festival. Today's festival lasts about two weeks and attracts an audience of more than 200,000 people.
Jethro Tull enjoy a history of music that dates back to the late 1960s. In 2003, they took the stage for the first time at the Montreaux Jazz Festival, an event that has a reputation for not sticking strictly to jazz and for producing a series of consistently excellent live records. And this Jethro Tull set is no exception. Ian Anderson, the band’s leader and true personification of the same, still retains a crisp and clear voice. Moreover, the number of instruments he plays himself, and plays well, is impressive. The other middle-aged men of Jethro Tull form a tight band that easily sways from down-home blues to the medieval-tinged progressive rock the band is best known for.
The concert is split in half: Disc 1 is a semi-acoustic, blues-based set, whereas Disc 2 is a fully electric pilgrimage through the hits of the band. Either way, it is all good for Jethro Tull fans.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Very good.

JETHRO TULL (2003):

Ian Anderson - voce, flauto, chitarra acustica, armonica (lead vocals, flute, acoustic guitar, harmonica)
Martin Barre - chitarra elettrica e acustica (electric and acoustic guitar)
Andrew Giddings - tastiere (keyboards)
Doane Perry - batteria e percussioni (drums and percussions)
Jonathan Noyce - basso (bass guitar)

TRACK LIST:

DISC 1:

1. Some day the sun won’t shine for you
2. Life is a long song
3. Bourée
4. With you there to help me
5. Pavane
6. Empty café
7. Hunting girl
8. Eurology
9. Dot com
10. God rest ye merry gentlemen
11. Fat man

DISC 2:

1. Living in the past
2. Nothing is easy
3. Beside myself
4. Medley: Songs from the wood/Heavy horses/Too old to rock ‘n’ roll, too young to die
5. My God
6. Budapest
7. Mayhem, maybe jig
8. Aqualung
9. Locomotive breath
10. Protect and survive jig
11. Cheerio

venerdì 5 settembre 2008

RAIN DANCES (CAMEL) - 1977


Pubblicato nel 1977, "Rain dances" è il quinto album in studio dei Camel, ottima band britannica di rock progressivo. Si tratta di un lavoro dalle sonorità più jazz rispetto agli album precedenti della band, un album che segna il passaggio a suoni se vogliamo un tantino più “commerciali”. Al primo ascolto, “Rain dances” può sembrare perfino un album concept, considerando la particolare sequenza e la “sincronia” fra i brani in esso presenti; tuttavia, l’intento del gruppo era indubbiamente quello di allontanarsi dai canoni progressive che caratterizzavano i loro dischi precedenti. L’ingresso del bassista/cantante Richard Sinclair al posto di Doug Ferguson e l’aggiunta del celebre Mel Collins (ex-King Crimson) al sassofono sta ad indicare, al contrario, l’intento di rimanere in qualche modo fedeli al prog rock. E la presenza di Brian Eno nel suggestivo pezzo strumentale “Elke” evidenzia velleità artistiche. Tuttavia, “Rain dances” rimane tutto sommato un album di "canzoni" (non ho detto canzonette): ciò nonostante, lo splendore dei lavori precedenti riaffiora in brani quali “Unevensong”, “Tell me”, “Skylines”, “Elke” e nel brano d’apertura “First light”, azzeccato strumentale con il sassofono di Mel Collins in evidenza.
Voto personale (insufficiente / sufficiente / buono / distinto / ottimo / eccellente): Distinto/Ottimo.

Released in 1977, "Rain dances" is the fifth studio album by English progressive rock band Camel. The album possesses a more jazzy sound than the previous albums recorded by the band - the latter wished, in fact, to change their musical direction, moulding the music into a more commercial smoothness. “Rain dances” may sound as a concept album, since the passage of time is too well synchronized here to be accidental. However, the real idea behind the record seems to be a commercial smoothing over of Camel’s previously prickly progressive coat. Hiring bassist/vocalist Richard Sinclair to replace former bassist Doug Ferguson and adding saxophonist Mel Collins (former King Crimson member) to the proceedings would, on the surface, indicate a more progressive direction. Collaborating with Brian Eno on the haunting instrumental “Elke” also suggests artistic intentions. But Camel wrote writes actual songs this time; notwithstanding this, the splendour of the previous album is findable in “Unevensong”, “Tell me”, “Skylines”, “Elke” and the opener “First light”, which is an interesting instrumental track with some remarkable sax played by Mel Collins.
My personal mark (poor / pass / good / fairly good / very good / excellent): Fairly/Very good.

CAMEL (1977):

Andrew Latimer - chitarra, flauto, voce, basso (guitar, flute, lead vocals, bass)
Peter Bardens - tastiere (keyboards)
Andy Ward - batteria e percussioni (drums and percussion)
Richard Sinclair - basso, voce (bass, lead vocals)
Mel Collins - sax (saxophone)

OSPITI (GUESTS):

Brian Eno - piano e moog in “Elke” (piano and moog on “Elke”)
Fiona Hibbert - arpa in “Elke” (harp on "Elke")

TRACK LIST:

1. First light
2. Metrognome
3. Tell me
4. Highways of the sun
5. Unevensong
6. One of these days I'll get an early night
7. Elke
8. Skylines
9. Rain dances

LA SUPERIORITÀ DELLE DONNE (THE SUPERIORITY OF WOMEN)


La superiorità delle donne rispetto agli uomini, sintetizzata in dieci punti (The superiority of women to men, explained in ten points):

1. Hanno la figa (They’ve got a cunt)
2. •
3. •
4. •
5. •
6. •
7. •
8. •
9. •
10. Ah, dimenticavo: hanno le tette … (Ah, I forgot. They’ve got boobs)